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Immagine del redattoreDott. Massimiliano Paparella

Quale Freud è sbarcato su Netflix?

Aggiornamento: 5 apr 2020



Dal 23 gennaio sulla piattaforma Netflix è uscita una nuova serie tv austriaca, "Freud": è già un successo, tanto che si sta già pensando ad una seconda stagione. Il protagonista (interpretato da Robert Finster) è un giovane trentenne neurologo, nella Vienna del XIX secolo, incline all'abuso di cocaina, ad atteggiamenti lascivi, alla tecnica suggestiva dell'ipnosi e alla caccia dei criminali, con una spiccata propensione Dylandoghiana a fare l'indagatore dell'incubo. Le puntate hanno tutte per titolo una tematica squisitamente psicoanalitica: Isteria, Trauma, Sonnambulo, Totem e Tabù, Desiderio, Regressione, Catarsi e Soppressione. Ma nonostante le apparenze, poco centrano con il vero Sigmund Freud e con la storia del movimento psicoanalitico.

E' curioso pensare che Sigmund Freud (grande amante della archeologia, paleontologia e della storia dei fossili, in verità) potesse assomigliare ad una sorta di Dylan Dog del passato: casomai, quest'ultimo, non avrebbe potuto che essere un paziente del primo!

La serie "Freud", invece, non segue per nulla le vicende reali che hanno reso famoso il padre della Psicoanalisi, bensì ha come protagonista una sorta di Fred Abberline (chi non lo ricorda, Johnny Deep, nei panni dell'ispettore che in "From Hell" dava la caccia a Jack lo squartatore?!), dedito qui non all'oppio, ma alla cocaina (Freud, quello vero, in verità, l'ha sì usata, ma verso la fine dei suoi ultimi anni di vita, quando se ne serviva per alleviare i sintomi del suo cancro alla mandibola-gola). Del mistero reale della psicoanalisi c'è in verità poco: tutto è giocato sul thriller, su un racconto fortemente romanzato, ricco di elementi esoterici, a tinte erotiche e con molti richiami al noir. C'è qualcosa anche del buon vecchio Sherlock Holmes in questo"Freud": il fido compagno del protagonista, infatti, è l'ispettore Kiss (Georg Friedrich), che è un ex veterano di guerra watsoniano, perseguitato da un disturbo post-traumatico.

Sicuramente le interpretazioni degli attori sono degne di nota; ricca è anche l'ambientazione scenografica e gli intrecci fantapolitici.

Ma chi conosce la vera storia della psicoanalisi, non può non sobbalzare o provare noia per l'eccessivo uso del tema dell'ipnosi, che alla fine finisce per disorientare anche quel pubblico maggiormente catturato dalla storia fanta-dark, che fa da cornice e sfondo: si sfocia nella banalità, a forza di usare la scusa dell'inconscio per sottolineare che potenzialmente tutti potrebbero essere i colpevoli, ma anche che per scovare il più machiavellico, occorra essere un po' come lui, aver toccato anche noi un po' di quel male... infernale, diabolico.

La serie non fa altro che sfruttare una certa ingenua attrazione-repulsione che la gente è portata a provare nella società contemporanea per la scoperta freudiana dell'inconscio, iniettandoci poi scene di nudo, di amplessi e violenze sessuali, contornandole infine con sangue e stregoneria. Ne risulta, verso la fine, un caos forzato e a tratti disturbante. Ma c'è anche a chi è piaciuto... "Volevamo sovvertire le aspettative sul personaggio" - raccontano Benjamin Hessler e Stefan Brunner, autori della serie - "Tutti pensano sempre ad un Freud anziano, seduto ad una scrivania. Volevamo farne uno show, partendo solo da una intricante premessa...".. Spettatore avvisato.....!






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