Commento ad un articolo uscito Sul Guardian, Ansa ed Internazionale
La salute non è stare al passo dei tempi (e dei canoni) della modernità. In questo la psicoanalisi è sempre stata sovversiva.
Se chiediamo a un paziente contemporaneo cosa vorrebbe ottenere da una psicoterapia, questi con buona probabilità sosterrà che il suo obiettivo è: “Stare meglio al più presto!”. Di fronte a questo scopo, in apparenza, le terapie "brevi" sembrerebbero offrire quella tempestività e quell’efficacia che ogni paziente chiederebbe... Eppure la complessità della mente umana, fatte di logiche contrastanti, affetti, ambivalenze, paure, desideri... non può essere colta con una terapia slogan che promette “felicità in cinque sedute”. Richiede tempo, un tempo logico, soggettivo, intrapsichico.
La vera domanda da porre sempre a quel paziente, allora, è: “Lei apparentemente sembra chiedere questo... Ma secondo Lei, cos’è che ci fa ammalare?!” Molti sostengono che la terapia psicoanalitica non stia al passo con i cambiamenti della società, con la modernità. Ma è sempre stata così: ha in sé della sovversività, humus della soggettività intesa come l’impossibilità alla omologazione di massa, che è un requisito standard della contemporaneità. Proprio per questo motivo Sigmund Freud decise di abbandonare l’ipnosi: non perché non aiutasse la scienza ad entrare nella testa del paziente, ad estorcergli dei saperi scientifici, ma ben perché tutto ciò era compiuto di nascosto dal paziente, alle sue spalle! In altre parole, non vi era alcun giovamento se non per la presunzione di sapere della scienza stessa, nell’immediato: devi guarire! In altre parole, non lasciava nulla di un sapere del soggetto in quanto paziente, analizzante: un sapere rispetto al proprio inconscio, ai propri sintomi. Bensì l’ipnosi non faceva altro che attaccare il sintomo, e nel lungo periodo farne comparire di nuovi, attraverso un processo che oggi potremmo ben chiamare de-soggettivazione ed indifferenza dell’umano, privazione del suo inconscio soggettivo..
“Vi ho detto che la psicoanalisi è nata come terapia" - scriveva Freud - "ma non è questa la ragione per cui ho inteso raccomandarla al vostro interesse, bensì per il suo contenuto di verità per quanto essa ci insegna su ciò che all’uomo sta a cuore al di sopra di ogni altra cosa – la sua stessa essenza – e per le connessioni che mette in luce fra le più diverse attività umane. Come terapia, è fra le tante, senza dubbio prima inter pares. Se fosse priva di valore terapeutico, non sarebbe stata scoperta sugli ammalati, né avrebbe potuto perfezionarsi per oltre trent’anni”. D'altronde, già Platone ne le sue Leggi sosteneva che "ci sono due tipi di medicina: quella per gli schiavi e quella per gli uomini liberi. La prima, prevede una rapida rimozione del sintomo, cosicché il soggetto possa tornare al più presto al lavoro. Quella degli uomini liberi prevede la conoscenza e la comprensione del sintomo, il suo significato per la salute complessiva del corpo, per l'equilibrio della persona e della sua famiglia".
Dott. Massimiliano Paparella - psicologo e psicoterapeuta - Pordenone.

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